Salvatore Rubini 1° Aviere a Rodi

Il maggiore testimone e divulgatore delle gesta di Salvatore Rubini fu Gino Manicone, presidente dell’Associazione Reduci dall’Egeo (A.R.D.E.), che scrisse numerosi libri sulle operazioni della Regia Aeronautica nel Dodecaneso.
Rubini nacque a Raccuja, nella provincia di Messina, il 22 novembre 1918.
Giovanissimo si arruolò nella R. Aeronautica e fu inviato a Rodi, distinguendosi ben presto per il senso del dovere e lo spirito patriottico.
Nel 1943, al momento dell’armistizio, si trovavano nell’Isola delle Rose 40.000 militari italiani dislocati lungo le coste e 7.000 tedeschi potentemente armati al centro dell’isola.
Dopo l’8 settembre si scatenarono sanguinosi combattimenti tra i militari italiani fedeli al Re e i tedeschi.
Numerosi ufficiali, soldati, marinai e avieri, fatti prigionieri dai tedeschi, morirono stipati come bestie in navi fatiscenti avviate al naufragio o silurate da sommergibili britannici (nelle m.navi Donizetti, Orion, Petrella e Sinfra i morti e i dispersi furono calcolati rispettivamente in 1.800, 4.115, 6.500 e 2.300), almeno altri 10.000 italiani vennero internati in Germania; 124 militari caddero in combattimento contro i tedeschi nel mese di settembre 1943; 200 furono fucilati come traditori dagli stessi tedeschi; 150 morirono per denutrizione nei campi di concentramento allestiti nell’isola di Rodi.
Tra l’11 e il 12 settembre, dopo tre giorni di combattimento, l’Amm. Campioni, Governatore dell’Egeo, decise di capitolare. Con la firma della resa, oltre 100 militari italiani e civili greci si diedero alla macchia iniziando operazioni di guerriglia contro i tedeschi.
Un gruppo, capeggiato dal secondo capo cannoniere della R. Marina Pietro Carboni, operava nel nord dell’isola; un secondo gruppo, diretto dal S. Ten. dell’Esercito Luigi Baggiani e dall’Aviere Salvatore Rubini, operava all’interno della zona montuosa presso l’ex aeroporto di Cattavia, a sud dell’isola.
Questo secondo gruppo condusse numerose azioni di sabotaggio, attacchi improvvisi a convogli tedeschi in transito, distruzione di magazzini viveri nei pressi di Lacanià, incendio di un deposito di munizioni, compiendo, peraltro, attività di propaganda nei campi di concentramento di Cattavia e Laerna per spronare altri militari italiani alla resistenza.
Durante l’agosto 1944 temendo uno sbarco degli alleati nei Balcani, i tedeschi programmarono l’evacuazione del Dodecaneso che prevedeva la distruzione delle banchine portuali di Rodi, delle centrali elettrica e telefonica e di alcuni stabilimenti industriali.
Per evitare tali distruzioni, che avrebbero resa più penosa la situazione della popolazione locale, il podestà di Rodi, ing. Antonio Macchi, fece arrivare a Rodi da Cattavia il S.Ten. Luigi Baggiani e il 1° Aviere Salvatore Rubini per creare un gruppo anti sabotaggio che avrebbe dovuto disattivare le mine poste dai tedeschi e annientare gli artificieri preposti al brillamento delle mine.
Occorrevano documenti falsi per i due militari, affinché potessero superare i blocchi stradali tedeschi: venne incaricata Andreina Perrone, maestra elementare a Cattavia.
Agevolata dal fatto che collaborava, peraltro, presso la sede comunale di Cattavià, l’insegnante poté appropriarsi con facilità di due carte di identità in bianco.
Le foto formato tessera furono scattate da Antonio Lazzari, titolare di un’impresa di trasporti, che s’incaricò anche del trasferimento dei due militari Rubini e Baggiani a Rodi.
La sottrazione dei documenti non passò sotto silenzio: la Perrone venne arrestata e reclusa presso la caserma Regina di Rodi.
Scarcerata dopo quattro giorni per le precarie condizioni di salute, non subì mai il processo stante l’assenza in loco della Magistratura italiana.
Nel frattempo, dopo lo sbarco alleato in Francia, accantonata l’ipotesi di una invasione nei Balcani, anche il piano di sabotaggio anti tedesco fu abbandonato.
Ma i tedeschi non demordevano: avevano posto una taglia su Pietro Carboni; lo uccisero nel dicembre del 1944 dopo il tradimento di un greco che in precedenza si era mostrato suo amico.
Prima di cadere si difese con un pugnale, ferì gravemente il capo pattuglia tedesco, fu raggiunto da una fucilata alle spalle da quel greco che lo aveva denunciato.
Il S. Ten. Luigi Baggiani, catturato dalla Gestapo, riuscì ad evadere grazie all’ing. Macchi e con una barca a remi riparò in Turchia.
Salvatore Rubini, dopo 11 mesi di lotta trascorsi in luoghi impervi ma comunque insicuri, spinto dai morsi della fame, fece ritorno a Cattavia per cercare aiuto presso la famiglia di Demetrio Papademetrio, generosissimo nei confronti degli italiani.
Durante una visita ai suoi salvatori venne riconosciuto da un cittadino greco che informò il capitano delle SS Niklas, noto persecutore dei militari italiani (come evidenzia nei suoi libri Gino Manicone).
Quest’ultimo diede ordine di circondare l’abitazione dei Papademetrio: il giovane aviere avendo avvertito il pericolo, sfuggì alla cattura.
Papademetrio e la sua famiglia vennero arrestati con la minaccia di fucilazione se entro tre giorni Rubini non si fosse presentato al comando germanico.
Il 1° Aviere, con grande coraggio, si presentò al comando tedesco facendo presente che l’unica colpa della famiglia Papademetrio era quella di avergli dato un pezzo di pane.
I Papademetrio furono liberati.
Rubini fu inviato al campo di sterminio “ Casa dei Due Pini” subendo per giorni sevizie e privazioni affinché rivelasse i nomi degli altri partecipanti alle azioni di resistenza.
Non si fece sfuggire nulla, salvando in tal modo l’ing. Macchi, vero capo della resistenza e il vice governatore Faralli, così come riportato negli scritti di Gino Manicone.
La sua fucilazione si ritiene avvenuta nel mese di febbraio 1945.
I suoi resti sono conservati nella cassettina numero 0469 presso l’Ossario militare di Bari.
L’ing. Macchi nel 1994 produsse la documentazione necessaria all’ottenimento della concessione di una decorazione al valor militare per il S. Ten. Baggiani e il 1° Aviere Rubini.
Il Ministero della Difesa obiettò che erano ormai scaduti i termini per la presentazione di tali domande.
Nel 1945/46 la Commissione per la tutela degli interessi italiani nel Dodecanneso aveva già trasmesso una documentazione sul comportamento esemplare di alcuni militari italiani.
Soltanto al sottufficiale della Marina Pietro Carboni venne, tuttavia, concessa la Medaglia d’0ro.
Nessuno si interessò più della vicenda eroica del 1° aviere Salvatore Rubini il quale, salvando la famiglia Papademetrio, aveva rafforzato e sublimato il dovere di soldato attraverso i valori universali di umanità, lealtà e civiltà.

 

Franco Briganti

 

Fonti bibliografiche e testimonianze:
Articolo dott. Franco Briganti su “Aeronautica”
Testimonianza di Andreina Perrone – Uffico Storico Aeronautica Militare 2004
Gino Manicone : Nei cieli del Levante – Edizione Casamari 1999
Pietro Vaenti : Luci nella catastrofe- Edizione Ponte Vecchio 2002
Ester Fintz Menascè : Buio nell’isola de Sole – Rodi 1943-1945 – Edizione La Giuntina

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